Le luci del Lago - Le Storie degli uccelli
In questa area LUCI DEL LAGO (cui segue LE STORIE), si accettano contributi con foto di qualità, di tipo artistico (BN o colore) per tema ‘le luci del lago’, con poca o nulla presenza umana, le particolari luci ed atmosfere.
Qui sotto, a titolo solo indicativo, un album con foto di esempio. NON VINCOLANTE.
(Utilizzare l’email dei contatti ulab.uccellilagobolsena@gmail.com)
Filippo Papini
(mitico pizzaiolo della pizzeria Avalon di Bolsena)
Alina Briciu
Paolo Bologna
Pescatore
Genky Pelorosso.
Paola Riscaldati: La vita è adesso
Angelo Bruno
Bisenzio e la Luna- Paolo Bologna
Cristina Ricci
Cristina Ricci
Cristina Ricci
Edo Parri x 4
Qui sotto: Carlo Panicucci
Sotto: Loredana Ballarotto
(Foto n.1 : Quella luna piccolina e silenziosa)
spazio
Le Storie degli uccelli
Riporta le storie, i comportamenti che hai visto e osservato sugli uccelli del lago.
-Il pomeriggio d’estate, Gabbiani Reali e Gabianelli, vanno a posarsi sulle acque del lago di Mezzano, dove si ritrovano , e cominciano a conversare… Dopo un po’ ripartono per tornare verso il lago maggiore.
-Chi non ha osservato lo spettacolo delle battaglie, sopra il cielo dell’isola Martana o Bisentina, tra i Gabbiani e le Taccole, dove entrambi le specie nidificano.
– I Gabbiani Reali al mattino arrivano sulla valle di Montefiascone, cominciano la salita a spirale, fino a superare il colle e partire alla ricerca di cibo ad est. Al tramonto si vedono tornare passando sopra il belvedere di via Bandita in planata verso il lago e l’isola, come grandi alianti.
(Paolo Bologna)
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-Ottobre 2022 – Andar per uccelli
Il racconto di EDO PARRI che segue è il più lungo pubblicato sinora.
Mi ha detto “Se vuoi taglialo…”.
“Non ci penso proprio” gli ho risposto.
Edo vive a Capodimonte, paese natale dove è tornato dopo anni di lavoro che lo vedeva nel nord Italia. Ha una bella casa con finestre e balcone che danno sul porto, un alto soffitto di travi di castagno e un pavimento in cotto. Le sue foto di uccelli sono rare, per qualità di immagine, rare sono anche le foto di paesaggio, denotano una cultura dell’immagine non indifferente. Riesce a penetrare, forse più di altri, la vita degli uccelli, da settembre a maggio gira in canoa e, nel silenzio delle magiche albe sul lago, riesce ad avere un silenzioso e complice rapporto privilegiato con gli uccelli. (P.B.)
Andar per uccelli
Tutti gli anni, durante il periodo della riproduzione, le rive del lago di Bolsena si popolano di uccelli acquatici che, arrivati da lontano, si fermano a far nascere i propri piccoli.
È anche il tempo della fioritura e le acque vengono inondate dal profumo dei sambuchi e delle ginestre e dalla fragranza dei tigli e delle robinie.
Le sponde si colorano di giallo e di bianco, in contrasto con il nero della sabbia vulcanica.
I vuoti mesi invernali lasciano il posto a giornate briose, piene di mirimovi, tuffi acrobatici, svolazzamenti, rumorosi versi.
È in questo ambiente che è nata la mia grande e solitaria passione: andare a fotografare gli uccelli in canoa. Partita dalle lontane Dolomiti, è arrivata in Centro Italia spinta dal ricordo di inenarrabili momenti di attesa, di atmosfere sospese, di silenzi senza respiro, di fruscii rivelatori, di scatti appaganti.
Lì erano marmotte, caprioli, camosci, stambecchi; qui sono aironi, garzette, fistioni, cavalieri d’Italia, cormorani, folaghe.
La mattina presto è l’ora migliore per andare e non ci sono serate di vino o di chiacchiere che tengano. In giro non c’è nessuno, solo qualche pescatore che rientra.
Il lago è una tavola, ma anche una tavolozza di gialli e di rosa.
Come un rito, apro il cancello del circolo, metto in acqua la canoa, preparo la macchina fotografica e via verso ovest, per uno o due chilometri di costa, con il sole nascente alle spalle e l’animo pieno di aspettative.
Al mattino gli uccelli si fanno avvicinare di più e sembrano ben disposti.
Quelli maggiormente diffidenti sono gli aironi cinerini, dal manto grigio-nero e bianco: scappano subito, non si fanno avvicinare.
I più rari sul nostro lago sono gli aironi bianchi, che spesso vengono confusi con i guardabuoi e le garzette.
Una mattina di giugno, subito dopo la partenza, noto un grande uccello bianco: “Madonna, è un airone bianco maggiore!!?? No, non è possibile” mi dico. “Eppure è lui”, esclamo alla fine.
Sollevo la pagaia, impugno la fotocamera, lascio scorrere in silenzio la canoa, ma il volatile mi nota e subito si alza in volo spostandosi di un centinaio di metri
Riposta l’attrezzatura fotografica, lo inseguo cercando di non fare rumore.
Questa volta riesco ad avvicinarmi di più, ma dopo due o tre scatti, l’airone spicca di nuovo il volo e se ne va.
Felice per quelle, seppur scadenti, immagini, riprendo a pagaiare con la speranza che non sia andato troppo lontano.
E infatti, superata una piccola baia, lo vedo impettito sopra uno scoglio, come in posa.
Il candido uccello mi concede qualche altro scatto e poi va a rifugiarsi dietro a dei cespugli.
Dopo aver atteso, invano, un qualche movimento, decido di approdare per cercare una visuale migliore. Spazientito, l’airone bianco vola su un alto pioppo, mettendo così fine al molesto inseguimento.
Solo nei giorni successivi, abituatosi alla mia silenziosa presenza si farà riprendere, senza particolari difficoltà.
Un’altra volta, invece, la mia attenzione è stata catturata da insistenti pigolii provenienti dalla base di una intrigata vegetazione.
Data un’occhiata attraverso il teleobiettivo, ho scorto in acqua minuscoli pulcini dal corpicino nero, con la punta del naso bianca e filamenti rossi e bianchi attaccati alle orecchie.
“Mamma mia!! Cosa sono?”
Sembravano extraterrestri
Anche in questa occasione mi sono avvicinato alla riva in silenzio, senza pagaiare. Ho così potuto vedere quattro di quegli esseri e una coppia di folaghe: click, click, clik…. decine e decine di scatti.
Poi ho scoperto il rifugio della famigliola, consistente in un grande nido di sterpaglie e foglie, costruito sulle radici di un enorme ontano.
Anche lì ho scattato foto ai piccolini, con le due folaghe che osservavano il tutto, vigili e protettive.
Sono stato tentato di scendere ad accarezzare quei teneri batuffoli variopinti; una provvidenziale ondata ha fatto scappare tutta la nidiata verso un anfratto più sicuro.
Ho trascorso numerose altre mattinate ad ammirare e fotografare i piccoli delle folaghe: non mi basta mai!!!
Altre anatre e uccelli hanno attraversato l’obiettivo della mia fotocamera: alcuni sono stati ritratti, altri solo osservati. Tutti quanti, però, hanno alimentato questa passione dalla quale derivano gioia, incredulità, sorrisi. A volte fatica, frustrazione, delusioni.
Sempre una sottile contentezza.
Edo Parri
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Incredibile, ma vero
Primavera-Estate 2023
Edo Parri mi aveva raccontato una storia davvero fantastica, il suo incontro con un uccello raro sul lago di Bolsena, che Edo ama solcare, da settembre a maggio, a bordo della sua canoa: il Picchio muraiolo. Incontro che aveva portato, trasfigurato nei suoi sogni febbricitanti, una lunga influenza.
Ci aveva già regalato un altro racconto (vedi sopra). Edo fotografa gli uccelli, quasi solo quelli, non altri animali. Non disturba in alcun modo il lago dove è nato.
Il racconto è il seguente, insieme ad alcune foto sempre da lui scattate e già sul sito. Per approfondire il rapporto magico, ancestrale, che l’uomo ha con gli uccelli, gli ho consigliato un libro fantastico IL SIMBOLISMO DEGLI UCCELLI, libro che a breve consiglierò su queste pagine. Buona lettura (P.B.)
Incredibile, ma vero
L’amicizia con il Picchio muraiolo nasce una mattina di fine settembre 2022.
Ero andato in canoa all’isola Bisentina per godermi il primo sole autunnale, quando a un tratto noto un piccolo uccello scuro arrampicato su una parete di tufo che saltella avanti e indietro.
Prendo la macchina fotografica, che mi porto sempre dietro, e gli scatto diverse foto senza alcun particolare entusiasmo (attraverso il teleobiettivo non vedevo che un minuscolo punto nero ).
Dopo qualche giorno scarico le immagini sul computer e, ingrandendole, mi appare un grazioso uccellino grigio dal becco ricurvo e sottile che, con le ali spiegate, assomiglia a una farfalla variopinta.
Dal libro degli uccelli apprendo che si tratta del Picchio muraiolo, una specie rara che vive ad altitudini e latitudini ben diverse da quelle del lago di Bolsena.
Insoddisfatto della qualità delle immagini raccolte, nei giorni successivi ritorno sul posto, con tutt’altro spirito.
Il Picchio è ancora lì, come se non si fosse mai mosso.
Saltellante e svolazzante, apre di continuo le ali, quasi a mostrarmi le meraviglie che tiene nascoste sotto il mantello (un rosso acceso sulle larghe ali nere con striature bianche).
Avanti e indietro, in alto e in basso: da una roccia a un anfratto, vola elegante e delicato. Non si ferma un istante, costringendomi a mille peripezie per non perderlo di vista e mantenere in equilibrio la canoa.
Fino a novembre lo vedo spesso sulle pareti in ombra; con il primo freddo su quelle al sole. Leggo che durante la stagione calda preferisce le rocce esposte a nord, essendo queste più umide e fresche.
In dicembre e gennaio, la tramontana mi impedisce di andarlo a trovare con una certa continuità, ma, quando ci riesco, lo scopro sui dirupi al sole, sempre più in basso, come se volesse favorirmi nelle riprese fotografiche.
Verso la fine di gennaio perdo le sue tracce.
Poi su facebook vengono pubblicate delle foto che lo ritraggono in un posto distante decine di chilometri dal mio paese, e così mi rassegno al fatto che si sia trasferito altrove.
Volato via e fine della storia, penso.
Verso la metà di febbraio una fastidiosa influenza mi impedisce di uscire, costringendomi a vivere il lago dalle finestre di casa, sul porto di Capodimonte.
Una mattina, guardando fuori, mi sembra di scorgerlo, arrampicato sul muretto del giardino sottostante.
Penso subito a una allucinazione per via della febbre: sto delirando, mi dico!!
Non del tutto convinto, prendo la macchina fotografica e mi apposto, ma del Picchio nemmeno l’ombra. Sì si, è stata la febbre, concludo.
E io che avevo fantasticato che fosse venuto a farsi fotografare sotto casa, sapendomi ammalato.
Povero illuso!!!!
Dopo qualche giorno è di nuovo lì, sempre sul muretto.
Questa volta lo vedo bene, molto bene.
E allora?
Cosa ci fa un Picchio muraiolo sotto le mie finestre in pieno centro storico, in un habitat a lui per niente congeniale?
L’unica spiegazione plausibile è che sia veramente venuto a trovarmi.
Possibile?, affermo incollato alla finestra con la fotocamera a portata di mano.
Tuttavia, nessun altro avvistamento.
Alla fine guarisco e la prima domenica di marzo torno all’isola in canoa.
Vari pensieri mi attraversano la mente durante il percorso.
Vuoi scommettere che è lì che ti aspetta al sole?
Vuoi scommettere che invece non lo trovi?
Vuoi scommettere questo? Vuoi scommettere quello?
Con simili interrogativi arrivo a destinazione.
Raggiungo la parete al sole, ma del Picchio nessuna traccia, nessun rumore, nessun verso, niente di niente.
Allora mi dirigo verso la parte nord dell’isola e all’improvviso lo vedo: sul pelo dell’acqua nel punto in cui la roccia si immerge nel lago.
Anche lui mi vede, ma questa volta non vola via: tutt’altro.
Si mette a saltellare con le ali spiegate, lasciandomi avvicinare come non mai. Lo vedo benissimo anche a occhio nudo.
Passiamo ben due ore insieme. Io infreddolito, ma felice; lui per niente infastidito dalla mia presenza e con una espressione quasi compiaciuta.
Tornato a casa, scopro di avergli scattato più di seicento foto.
Se non è amicizia questa.
Edo Parri