Sopra: foto di Vincenzo Breccia

Sotto: Parte nord. Giugno 2023

Foto: Alessandra Bordo

 

 

Avvistamenti e nidificazione nel lago di Bolsena e nel Lazio

 

La Sterna comune, detta anche “Rondine di mare” è stata fotografata nella zona di Capodimonte (maggio 2022). Sembra questo il mese di arrivo delle sterne sul lago di Bolsena, perché un grande gruppo di Mignattini (vedi scheda) della stessa famiglia delle sterne, è stato fotografato nella zona di San Lorenzo. 

Non erano mai state monitorate, quantomeno sui testi a disposizione, sul lago di Bolsena, e pochissime nel Lazio. Benvenute ! Sembra che nidifichino sull’Argentario, ma non ho notizie letterarie (P.B.)

 

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Sterna comune (Sterna hirundo LINNAEUS,  1758)      Fonte: Nuovo atlante degli uccelli nidificanti nel Lazio

 

Note tassonomiche, corologia e fenologia.

  La Sterna comune è specie politipica a distribuzione oloartica. In Europa è migratrice e nidificante, l’areale di nidificazione comprende tutto il paleartico occidentale, comprese le isole della Macaronesia (BirdLife International, 2004). 

In Italia è migratrice regolare e nidificante, sverna irregolarmente con una decina di individui (Baccetti et al., 2002). La popolazione nidificante è concentrata in Pianura Padana e Sardegna, nidificazioni occasionali al di fuori di queste due aree solo in Toscana e Puglia (Brichetti e Fracasso, 2006)

Distribuzione e consistenza nel Lazio  

Un’unica segnalazione durante l’indagine, nel 2006 una coppia è stata presente nel Lago di Fogliano (Laghi Pontini) dal 16 al 28 giugno 2006. La coppia era molto unita e difendeva strenuamente il territorio scacciando le altre specie che si avvicinavano al “nest scrape” che avevano costruito, nel quale uno degli individui era spesso accovacciato, non è stato però possibile accertare una eventuale deposizione. Dopo il 28 giugno nessuno dei due individui è stato più osservato (Henson in litt.).

Il presente è il primo tentativo di nidificazione segnalato per il Lazio, un precedente caso di estivazione di due individui era stato riscontarto nella stessa area nel luglio 2001 (oss. pers.).

Preferenze ambientali nel Lazio

Il tentativo di nidificazione è avvenuto in uno degli stagni retrodunali, con acqua salmastra molto bassa circondata da isolotti e pantani ai margini dal lago. La vegetazione di tutta l’area è caratterizzata da fitocenosi tipicamente igrofile, con presenza di varie specie dei generi Juncus, Carex, Cyperus, Scirpus e Salicornia.

Status e conservazione 

In Europa dopo un trend positivo e quindi in espansione in tutto l’areale, nel periodo 1970-1990 ha fatto registrare una sostanziale stabilità, mentre successivamente, almeno localmente è stata notata una fluttuazione o leggera diminuzione. Attualmente è in uno stato di conservazione ritenuto “sicuro” con una popolazione stimata in 270.000-570.000 coppie (BirdLife International, 2004). In Italia considerando le preoccupanti trasformazioni degli habitat riproduttivi e il forte disturbo di origine antropica nei siti di nidificazione è stata inserita nella Lista Rossa nazionale tra le specie “a più basso rischio” (LIPU e WWF, 1999); la popolazione nidificante è stimata in 4.000-5.000 coppie (Brichetti e Fracasso, 2003)   Nei Laghi Pontini tra i principali fattori di minaccia, vi è il disturbo antropico in quanto il periodo coincide con la stagione turistica, in particolare si segnala: eccessiva presenza umana, calpestio, voli a bassa quota di aerei «ultraleggeri» sui laghi. La distanza dalle aree di nidificazione più prossime costituisce inoltre un fattore che non facilita la colonizzazione dell’area.

Ferdinando Corbi

 

 

 

  • Ascolta il canto della Sterna comune
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video in costruzione

Sterna comune (Sterna hirundo, LINNAEUS  1758)                                Fonte: www.uccellidaproteggere.it

 

Ordine: Charadriiformes  Famiglia: Sternidae

Dall’America settentrionale ai Caraibi, dall’Europa al nord Africa, fino a Medio Oriente e Siberia. La Sterna comune è diffusa praticamente in tutto l’emisfero settentrionale del globo. Altre sottospecie abitano la Siberia orientale, quindi l’Asia centrale fino a Cina e Mongolia.

Il suo nome deriva dal fatto che risulta in assoluto la Sterna più diffusa in Europa, soprattutto nell’area settentrionale e orientale, nonché lungo le coste dei Paesi che si affacciano sull’Atlantico. Procedendo verso il centro e il sud d’Europa, la sua distribuzione diventa più irregolare, e interessa principalmente le acque interne e le coste mediterranee.

L’Italia vede la presenza della Sterna comune principalmente nell’alto Adriatico, in Friuli-Venezia Giulia e in Sardegna. Quindi nell’intera Valle Padana, nell’area prospiciente il corso del Fiume Po. Per la Sterna comune il nostro Paese è sia un luogo adatto per costruire il nido sia un usuale corridoio di passaggio durante la fase della migrazione. Pochissimi, per la verità, gli individui svernanti sulle nostre coste: la gran parte della popolazione europea di Sterna comune sverna infatti in Africa, lungo le coste occidentali. Alcuni gruppi si spingono ancora più a sud, per trascorrere l’inverno nel lontano Sudafrica.

A rendere inconfondibile la Sterna comune da altre specie simili è soprattutto la conformazione della coda, particolarmente lunga e di forma biforcuta. Un “accorgimento” che permette a questo uccello di volare in modo particolarmente abile – alcune manovre mozzafiato ricordano da vicino il volo delle rondini – mentre anche l’ampia apertura alare, anche superiore agli 80 cm, fa da contrasto a dimensioni dopotutto modeste, meno di 40 cm in lunghezza compresa la coda.

 

Prospettive

La Sterna comune è una specie ben conosciuta e monitorata. Alcune popolazioni sono state studiate ancor più nel dettaglio, come per esempio, in Italia, quella del Po e della Laguna di Venezia (arrivando per esempio a stabilire anche la dimensione ottimale delle colonie che qui trovano il loro habitat di nidificazione). Per stabilire target di conservazione il più possibile accurati vengono in aiuto anche studi internazionali su tasso riproduttivo e mortalità, dai quali emerge ad esempio che almeno il 14,3% degli individui giovani sopravvive fino alla riproduzione, mentre la mortalità negli adulti si aggira attorno all’8% l’anno. Sulla base di questi parametri, si possono poi individuare le due principali popolazioni della specie presenti in Italia, quella continentale e quella sarda. Per la prima non è possibile stabilire un Valore di Riferimento Favorevole (FRV), trattandosi di specie coloniale con una popolazione superiore alle 2.500 coppie . Per quanto riguarda la popolazione sarda, dall’andamento sostanzialmente fluttuante seppure orientato al generale incremento, si è ritenuto di calcolare la Minima Popolazione Vitale prendendo in considerazione scenari relativamente poco favorevoli in termini sia di mortalità sia di successo riproduttivo: se ne ricava un valore pari a 3.150-3.200 individui, corrispondenti a circa 1.500 coppie. Se questo target può essere proposto come Valore di Riferimento Favorevole (FRV) per la popolazione sarda, appare chiaro come l’attuale consistenza delle colonie sia ancora abbastanza distante da tale valore, suggerendo cautela nell’interpretazione di un andamento che, su base storica, si è dimostrato tutto sommato positivo. Analoghe considerazioni possono valere per lo scenario continentale, dove a un trend generale orientato alla stabilità o al moderato incremento si accompagnano fluttuazioni locali anche vistose. In tutte queste situazioni sarebbero necessari interventi per favorire la ripresa delle popolazioni in calo, tutelando adeguatamente i siti di nidificazione e dove necessario intervenendo direttamente per incrementare la “disponibilità ambientale” di siti idonei. Il problema, per esempio, della totale regimazione dei fiumi che ha causato la scomparsa di molti dei siti idonei per costruire il nido, potrebbe essere parzialmente risolto mediante la posa di zattere galleggianti per favorire la nidificazione. Una misura già testata, con buoni risultati, sia in Italia sia in Europa. Come target di conservazione a breve-medio termine possono in ogni caso essere considerati i valori più alti registrati dalle popolazioni nei diversi settori di presenza: raggiungerli significherebbe, in pratica, avere annullato o limitato gli effetti delle fluttuazioni registrate a livello locale, potendo quindi guardare al futuro di questa specie con maggiore ottimismo.

Minacce

La popolazione di Sterna comune italiana ha sofferto in passato di gravi problemi di conservazione dovuti alle condizioni riscontrate nelle aree di svernamento africane. Questo a causa della persecuzione diretta tradizionalmente in uso presso i Paesi africani che si affacciano sull’Atlantico. Positivi e intensi interventi di sensibilizzazione e conservazione hanno portato a una netta diminuzione di questa attività illegali. A livello nazionale, pur in una situazione generale di stabilità delle popolazioni, hanno giocato a sfavore della specie singoli eventi sfavorevoli, responsabili di alcuni importanti decrementi registrati a livello locale. A Venezia, per esempio, dove le cattive condizioni meteorologiche hanno causato la perdita di centinaia di nidi nel 1996. Trend negativi importanti hanno interessato anche il medio e alto corso del Po, mentre la popolazione sarda della specie pare aver conosciuto un generale incremento, passando dalle 150-240 coppie della prima metà degli anni Ottanta alle 450 del 1995. Dal punto di vista delle esigenze ecologiche, la specie mostra una buona adattabilità a tutta una serie di ambienti acquatici che vanno dalle aree costiere ai fiumi interni, pur evitando accuratamente acque gelate e siti troppo esposti alle intemperie, così come aree a vegetazione troppo densa o fitta. Durante la nidificazione, la Sterna comune si dimostra particolarmente sensibile al maltempo, alle inondazioni, all’eventuale eccessiva presenza di predatori, nonché al disturbo da parte dell’uomo. La disponibilità di acque basse per il foraggiamento e di isolotti per la nidificazione, sembrano essere le principali caratteristiche che influenzano la presenza della specie, che può essere gravemente minacciata sia da modificazioni dell’habitat riproduttivo sia, più in generale, dal disturbo arrecato dalle attività umane. In Italia, in particolare, la specie soffre la quasi totale “regimazione” degli alvei dei fiumi, che causano la drastica riduzione di isolotti, spiagge e sponde ghiaiose prive di vegetazione, che rappresentano i siti riproduttivi più importanti della specie.

 

Stato di salute

Attualmente la Sterna comune è classificata nell’Unione Europea come sicura, e anche a livello continentale questa specie mostra uno stato di conservazione favorevole. Generalmente stabili tra il 1970 e il 1990, le popolazioni hanno mantenuto la propria consistenza numerica – pari a 140-190mila coppie nell’Ue – pressoché invariata anche nel decennio successivo. La popolazione comunitaria corrisponde a una frazione compresa fra un terzo e la metà di quella continentale, che potrebbe raggiungere le 570mila coppie. Solo poco più dell’1% – il 3% su scala comunitaria – nidifica in Italia, e cioè, in base agli ultimi censimenti, 4-6mila coppie, relativamente stabili tra il 1990 e il 2000. Non molte, per la verità, le segnalazioni di individui “esteri”, con le ricatture di soggetti inanellati provenienti principalmente dalle coste atlantiche, dalla spagna fino all’Africa. In massima parte si tratta di individui che hanno scelto l’Italia quale zona di passaggio per raggiungere i quartieri di svernamento: difficilmente sorvolando il Mediterraneo in linea retta, ma nella maggior parte dei casi seguendo le coste del “Mare Nostrum” e scavalcando il continente nei pressi di Gibilterra. Attualmente, l’area principale di presenza della specie nel nostro Paese comprende le coste dell’Alto Adriatico, dove sono stimate dalle 1.194 alle 1.358 coppie, nidificanti tra il bacino del Reno e quello dell’Isonzo. La tendenza è al generale aumento in tutte i siti considerati, a cui va aggiunta la recente colonizzazione della pianura bolognese in seguito al ripristino di alcune zone umide. A fronte di generale stabilità o incremento vanno però segnalate alcune evidenti fluttuazioni locali, compresi decrementi importanti quali quelli che hanno interessato la parte di laguna aperta di Venezia e, più di recente, le Valli di Comacchio.

Canto

Piumaggio grigio perla, becco e zampe rosso corallo. E in più quella lunga coda, capace di far compiere a questo uccello anche le manovre più azzardate. Oltre a osservarlo in volo, anche ascoltarlo può essere un’esperienza interessante. La specie – abituata a raggrupparsi in colonie anche piuttosto numerose – presenta infatti diversi tipi di richiamo: uno, più rapido e acuto, durante la “sfida” per il corteggiamento. L’altro, molto più simile a un allarme prolungato, quando la Sterna comune si sente minacciata.

 

Abilissima nel volo, è in grado di compiere tuffi spettacolari per procurarsi il cibo. Questo grazie all’apertura alare, molto ampia per un uccello dalle dimensioni dopotutto modeste, e soprattutto grazie alla lunga coda biforcuta, che permette alla Sterna comune un controllo assoluto delle “manovre di volo”. Un’abilità che ricorda molto da vicino quella delle rondini. Anche per questo, la Sterna comune è a volte conosciuta con il nome di “Rondine di mare”…