Sopra: Lago di Bolsena. Foto di Vincenzo Breccia
Sotto: scheda del Tarabusino tratta dal libro: Uccelli acquatici- Istituto Geografico De Agostini. 1987
Sopra: Lago di Bolsena. Foto di Vincenzo Breccia
Sotto: scheda del Tarabusino tratta dal libro: Uccelli acquatici- Istituto Geografico De Agostini. 1987
Avvistamenti, notizie e nidificazione sul lago di Bolsena
Varie volte avvistato sul Lago di Bolsena, compreso dal sottoscritto (coppia in Località Lucrino, Montefiascone, tra le canne ). Non erano disponibili foto, fino a quella donata dal fotografo Vincenzo Breccia di Bolsena. (P. B.)
Tarabusìno (Ixobrychus minutus ) Fonte: Nuovo atlante degli uccelli nidificanti nel Lazio. 2011
Ordine: Ciconiiformes Famiglia: Ardeidae
Note tassonomiche, corologia e fenologia
È una specie politipica, subcosmopolita; nella Regione Paleartica è eurocentroasiatico-mediterranea. La sottospecie nominale presenta un areale riproduttivo frammentato che include tutta l’Europa con l’eccezione delle Isole Britanniche, Scandinavia e Danimarca. L’areale di svernamento delle popolazioni europee è localizzato in una vasta area dell’Africa sub-sahariana, fino al Sud Africa. Alcuni individui si trattengono in Europa meridionale anche in inverno. In Italia la specie è parzialmente sedentaria, migratrice e svernante. Nidifica nelle zone umide della Pianura Padana, lungo la costa nord-orientale e sul versante tirrenico; nella restante parte della Penisola l’areale è frammentato, riflettendo la disponibilità di zone umide idonee. La massima intensità dei movimenti migratori si osserva tra aprile e maggio e dalla metà di agosto fino alla fine di settembre (Brichetti e Fracasso, 2003; Spina e Volponi, 2008a).
Distribuzione e consistenza nel Lazio
Presenta una distribuzione ampia con una presenza localizzata, associata alla disponibilità di zone umide. Rispetto al precedente Atlante la distribuzione non presenta particolari differenze, ad eccezione dell’assenza di alcune segnalazioni lungo il medio corso del Tevere e del Velino (Boano et al., 1995). La distribuzione altimetrica della specie nella regione va dal livello del mare fino ai 600 metri, con circa l’80% delle segnalazioni ricadenti nella fascia 0-250 metri. Per la sua elusività e per le modalità riproduttive non coloniali, è un Ardeide poco conosciuto. Dati di densità per il Lazio sono disponibili per la sola Piana Reatina, con valori di 1 cp/8,3-25 ha (Di Carlo e Castiglia, 1981). La popolazione nidificante nel Lazio dovrebbe attestarsi tra le 68-100 coppie nidificanti (cfr. Calvario e Sarrocco, 2008) .
Preferenze ambientali nel Lazio
La specie occupa zone umide lentiche e lotiche: oltre il 90% delle osservazioni ricade in zone umide dulcacquicole, le restanti sono localizzate in lagune salmastre costiere. È segnalata come nidificante in quasi tutti i principali bacini lacustri. È inoltre nidificante in alcuni corsi d’acqua, nei tratti potamali (ad es.: Tevere, Sacco, Garigliano); si riproduce inoltre in bacini minori di pochi ettari e anche in canali artificiali. Nidifica nel tratto urbano di Roma, lungo il corso del Tevere, anche se con un basso numero di coppie (3-5) (Cignini e Zapparoli, 1996).
Status e conservazione
Nella lista rossa dell’IUCN 2009 la specie è considerata “Least Concern”, con una popolazione mondiale che viene stimata in 76-610 mila coppie. In Europa è in contrazione e ha subito un forte decremento numerico. La popolazione nidificante è infatti relativamente esigua, stimata in meno di 120.000 coppie (Hagemeijer e Blair, 1997; BirdLife International, 2004). La specie dopo un forte declino tra il 1970 e il 1990 è risultata stabile e/o in leggera ripresa tra il 1990 e il 2000, senza però raggiungere la precedente consistenza, per tale motivo rientra tra le SPEC 3 con uno status “depauperato” (BirdLife International, 2004, 2009). In Italia la specie è considerata ad andamento fluttuante, in decremento o in incremento locale, con un totale di 1.300-2.300 coppie (Brichetti e Fracasso, 2003). Nella lista rossa dell’avifauna italiana la specie è inserita tra quelle “a basso rischio” (LIPU e WWF, 1999). A livello del suo areale sono segnalati problemi ambientali nelle aree di sosta africane durante la migrazione e lo svernamento, per problemi di siccità e di desertificazione (Hagemeijer e Blair, 1997). In Italia e nel Lazio i principali fattori di minaccia sono costituiti dalla modificazione degli habitat riproduttivi per alterazione della vegetazione riparia o per variazioni del livello delle acque. Anche il disturbo durante la nidificazione dovuto ad attività turistiche o sport nautici costituisce una seria minaccia (Brichetti e Fracasso, 2003). Per la conservazione del Tarabusino è indispensabile che vengano salvaguardate le zone umide con la loro vegetazione ripariale (formazioni elofitiche e arbusteti ripari) e venga inoltre attuata un’attenta gestione dei livelli idrici, almeno nei principali siti riproduttivi. È inoltre necessario definire l’esatta consistenza della popolazione nidificante, considerando anche le zone umide “minori”.
Stefano Sarrocco
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Tarabusìno (Ixobrychus minutus LINNAEUS, 1766) Fonte: wikipedia e www.uccellidaproteggere.it
Ordine: Ciconiiformes Famiglia: Ardeidae
Diffuso in quasi tutta Italia, il Tarabusino vanta una presenza più importante nella porzione settentrionale della nostra Penisola, e principalmente lungo il corso del Fiume Po e nel basso corso dei suoi affluenti più importanti. Quindi l’Adige e l’intera area umida costiera compresa tra Cervia e Grado. E ancora l’Arno, il Tevere, le zone umide toscane, sarde, siciliane e pugliesi.
Presenze più o meno numerose che lasciano intuire la grande dipendenza di questo uccello dalle zone umide, dove costruisce il nido, il più delle volte, nel fitto dei canneti. Per niente tollerante alla presenza dell’uomo, e anche piuttosto territoriale – a differenza degli aironi non costruisce insiemi di nidi, le cosiddette garzaie, ma si tiene a debita distanza dai “compagni” – il Tarabusino è presente in modo sparso anche nelle aree più favorevoli.
Grande migratore, sverna nell’Africa subsahariana. Nei nostri cieli il Tarabusino si fa vedere in primavera, a ridosso del periodo riproduttivo. Oltre all’Italia, la sottospecie nominale abita l’intero continente europeo e l’Asia occidentale, mentre altre quattro sottospecie nidificano in porzioni del globo al di fuori della “regione paleartica occidentale”.
Il grande e appuntito becco arancione è il carattere più evidente di questa specie, che presenta peraltro un piumaggio elegante e variegato. Il capo presenta un ampia macchia nerastra, e tale è anche il dorso, mentre ali, collo e ventre presentano colorazioni argentate tendenti al grigio-bruno e al bianco. Brune ma più chiare, con sfumature rosa, risultano anche le ali. Lungo circa 35 cm, ad ali spiegate il Tarabusino può sfiorare i 60 cm di larghezza.
Prospettive
In Toscana, la densità della specie è crollata, tra il 1998 e il 2003 da 0,79 a 0,31 individui per ettaro. A livello nazionale, le densità sono alquanto variabili e non superano, anche nelle situazioni più favorevoli, il “picco” di 1,5-2 coppie per ettaro. Altre densità sono state rilevate nell’Italia centrale: 3,2 individui ogni km di sponda sul Lago Trasimeno, una coppia ogni 8,3-25 ettari nella Piana Reatina. Più a nord, una coppia ogni 16- 25 ettari nelle Torbiere del Sebino, solo una ogni 23-70 ha nelle Valli del Mincio. Per nulla accurate, in ogni caso, risultano le informazioni a disposizione degli esperti su demografia e successo riproduttivo (a parte uno studio condotto nel Mantovano che ha rilevato una media di 4,7 uova per nido e una produttività pari a 2,86 giovani involati per coppia di successo). Per questo non risulta agevole stabilire, su basi scientificamente fondate, un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) per la specie. Il mantenimento della vegetazione igrofila – e in particolare dei canneti – ai margini dei fiumi, dei laghi e delle aree umide in genere rappresenta la misura più importante per la conservazione della specie. La tutela di questo tipo di vegetazione in aree agricole irrigue potrebbe consentire la presenza di coppie nidificanti anche in paesaggi prevalentemente agricoli, mantenendo fasce a canneto e tifeto lungo fossati e rogge. Almeno i siti più importanti, poi, andrebbero difesi dal disturbo umano e da tutti quegli interventi di regimazione delle acque non consoni con le esigenze ecologiche della specie. Infatti, l’aumento generale registrato a partire dagli anni Ottanta – quando la popolazione censita non superava le 700-1.500 coppie – rappresenta in realtà più un aumento delle conoscenze sulla specie che il segno di un reale incremento delle popolazioni. Anzi, ovunque siano disponibili dati comparabili tra la situazione passata e quella presente, le popolazioni di Tarabusino appaiono in calo, così come in contrazione risulta l’areale di presenza della specie.
Minacce
La presenza di canneti appare fondamentale per il ciclo riproduttivo del Tarabusino. Nonostante una buona adattabilità anche a zone umide di modesta estensione o artificiali il Tarabusino esige sufficiente presenza di vegetazione acquatica, alternata a porzioni anche ristrette di acqua aperta. Non solo pesci, ma anche anfibi e insetti fanno parte della sua tipica dieta, dunque piuttosto varia. Per questo la specie può occupare anche aree relativamente ridotte, purché abbastanza ricche di vita e in cui siano disponibili canneti idonei – specialmente Phragmites – in cui costruire il nido. Particolarmente apprezzata dalla specie è anche la presenza di altra vegetazione galleggiante, come lamineti (Nymphaea alba, Nuphar luteum ) e Trapa natans . La prima minaccia per la specie – responsabile del declino conosciuto in vaste zone della Lombardia e del Piemonte, specialmente le aree risicole – è costituita dalla pressione antropica a cui sono sottoposti gli habitat di nidificazione. In particolare, a minacciare la specie è l’eliminazione di quelle aree marginali quali canneti e altra vegetazione palustre spontanea, che rappresentano una condizione irrinunciabile per la costruzione del nido. Il Tarabusino ha poi risentito negativamente, oltre che delle operazioni di bonifica effettuate in epoca storica – a cui si è accompagnata e ancora si accompagna la distruzione della vegetazione ripariale di fiumi e laghi – delle opere di regimazione dei corsi d’acqua, con conseguente scomparsa (o forte diminuzione) della fascia di vegetazione igrofila presente sulle sponde e nelle zone periodicamente invase dall’acqua durante le piene. L’elevata antropizzazione delle aree di presenza – specialmente nel nord Italia – e interventi di sistemazione degli argini non sempre attenti alle esigenze ecologiche di questa ed altre specie legate alle zone umide, potrebbero avere un impatto molto negativo sulle popolazioni di Tarabusino, già fortemente colpite in epoca storica dalle grandi bonifiche che hanno ridotto ai minimi termini la disponibilità di aree umide nel nostro Paese.
Stato di salute
Il Tarabusino è minacciato in tutta Europa. Sfavorevole lo stato di conservazione della specie riscontrato sia a livello Ue che su più ampia scala continentale. Dopo un largo declino occorso tra il 1970 e il 1990, la popolazione di Tarabusino nidificante nell’Unione Europea si è in seguito assestata, per raggiungere le attuali 9.400-15.000 coppie. Di queste, ben 1.300-2.300 nidificano in Italia, assegnando al nostro Paese – che ospita una frazione della popolazione “comunitaria” pari a circa il 15% del totale – un ruolo primario nella conservazione della specie. Stesse proporzioni, in termini di responsabilità, si hanno se si confronta la popolazione Ue con il contingente continentale complessivo, che potrebbe essere pari a 60mila coppie, ma raggiungere anche, secondo le stime più favorevoli, il totale di 120mila. In linea con il trend comunitario, la popolazione di Tarabusino nel nostro Paese si è mostrata relativamente stabile tra il 1990 e il 2000. Diversi, oltre al contingente nidificante, gli individui che scelgono il nostro Paese durante le rotte della migrazione, come dimostrano i dati delle ricatture, che hanno rilevato la provenienza degli individui da vaste porzioni dell’Europa centrale e centro-orientale. Tornando alla popolazione nidificante, emerge una netta prevalenza della Pianura Padana sia rispetto alla numerosità dei siti in cui il Tarabusino è presente, sia riguardo al totale della popolazione, per lo più concentrata lungo il corso del Po, dei suoi principali affluenti, nonché degli altri grandi fiumi del Veneto. Importante anche la presenza nelle aree umide costiere, per una popolazione complessiva che tra Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna potrebbe raggiungere le 2.300 coppie. In realtà, questo dato comprende anche le aree umide della Toscana, che vantano una buona presenza della specie, mentre più a sud il Tarabusino risulta più localizzato e ben rappresentato solo in Puglia. Rara e localizzata la specie in Sicilia, con sei siti di presenza accertata, mentre in Sardegna risultano occupate le zone umide dell’Oristanese e del Cagliaritano. Certamente più elevate le densità della specie riscontrate nel corso degli anni Ottanta, quando il Tarabusino nidificava diffusamente nelle zone della bassa pianura lombarda. Quel che emerge analizzando i dati relativi agli anni successivi, è la diminuzione della popolazione in aree agricole e golenali – con la concentrazione della specie a ridosso dei corsi d’acqua – mentre le stesse aree umide toscane hanno conosciuto una diminuzione della specie pari al 50% (Lago di Massaciuccoli) e la totale estinzione della stessa nella Diaccia Botrona, a causa della scomparsa dei canneti. In Sicilia, attualmente, i due terzi della popolazione nidificante sono concentrati tra Lentini e la Foce del Simeto, per un totale non superiore alle 100 coppie.
Canto
Semplice, lineare, composto da una sola nota intervallata da lunghe pause. Una specie che, decisamente, non ama farsi notare: nel richiamo ma soprattutto nel comportamento, costruendo il proprio nido nel fitto dei canneti e avventurandosi all’aperto solo per le operazioni di “caccia e pesca”. Intollerante all’uomo, il Tarabusino mal sopporta anche la presenza eccessiva di “compagni” nelle vicinanze. Per questo, i nidi di questa specie sono sempre costruiti a debita distanza l’uno dall’altro.
A differenza delle altre specie di aironi, il Tarabusino non ama costruire il nido troppo vicino a quello dei propri simili. Anche lungo il corso del Po, dove la specie risulta più abbondante, i nidi sono ben distanziati, e ben difesi dai “maschi territoriali”. Falcidiata dalla siccità nella lontana Africa, dove la specie è solita svernare, la popolazione nazionale di Tarabusino è in relativa difficoltà anche in Italia, dove è presente, oltre che lungo il “Grande Fiume”, in numerosi altri siti riproduttivi che vanno dagli stessi affluenti del Po fino all’Arno, al Tevere e alle paludi costiere dell’Italia peninsulare e insulare…
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